Centri di accoglienza straordinaria - Italia 2023

Centri attivi
6068
Comuni interessati
1764
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Beneficiari
100241

Centri di accoglienza straordinaria - Puglia 2023

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Per questioni di privacy e sicurezza gli indirizzi delle strutture SAI e CAS sono fittizi

Nonostante la natura strutturale del fenomeno migratorio, l’Italia ha adottato solo di recente un sistema di accoglienza meno legato alla logica emergenziale, dominante fin dagli anni Novanta. Questa impostazione è evidente nel frequente ricorso alla dichiarazione dello “stato di emergenza”, a partire dagli sbarchi albanesi sulle coste pugliesi nel 1991, culminati con l’arrivo della nave Vlora a Bari, fino alla dichiarazione del governo Meloni dell’11 aprile 2023. Inoltre, si riflette nell’evoluzione di un sistema di accoglienza emergenziale parallelo a quello ordinario, caratterizzato inizialmente da risposte improvvisate, tra cui l’utilizzo di tendopoli, scuole, stadi, palestre e caserme, e successivamente da una rete strutturata ma frammentata, con il coinvolgimento di prefetture, regioni, protezione civile, enti del terzo settore, organizzazioni ecclesiastiche e operatori privati. Sebbene la l. 189/02 abbia introdotto il sistema dell’accoglienza diffusa (ex Sprar, oggi Sai), il ricorso a centri straordinari è rimasto costante. La formalizzazione di questi ultimi è avvenuta con il d.lgs. 142/15, che ha sancito l’utilizzo dei Centri di Accoglienza Straordinaria (Cas) in caso di esaurimento dei posti nei centri di prima e seconda accoglienza. Tuttavia, l’assenza di una disciplina dettagliata ha portato a una forte eterogeneità nelle strutture e nei servizi offerti.

Un cambiamento significativo si è verificato con il d.lgs. 113/18 (c.d. Decreto Salvini), che ha ristretto l’accesso ai Cas, limitandolo ai richiedenti protezione internazionale privi di mezzi di sostentamento, ai ricorrenti, ai titolari di protezione umanitaria in attesa di decisioni giudiziarie, ai richiedenti asilo già assegnati ad altri Stati membri secondo il Regolamento di Dublino e a quelli respinti da altri Stati europei. Contestualmente, il “Nuovo schema di capitolato di gara di appalto per la fornitura di beni e servizi relativo alla gestione e al funzionamento dei centri di prima accoglienza” (d.m. 20 novembre 2018) ha ridotto le risorse economiche destinate ai centri e i servizi erogabili.

Il d.l. 130/20 (c.d. Decreto Lamorgese) ha parzialmente invertito questa tendenza, cercando di rafforzare il Sistema di Accoglienza e Integrazione (Sai) e prevedendo l’uso dei Cas solo in caso di indisponibilità di posti nei Cpa e per il tempo strettamente necessario al trasferimento nei Sai. Il decreto ha inoltre ampliato i servizi garantiti nei centri, includendo accoglienza materiale, assistenza sanitaria, supporto sociale e psicologico, mediazione linguistico-culturale, corsi di lingua italiana e orientamento legale e territoriale. Tuttavia, questo elenco di servizi è stato prontamente rimaneggiato dal d.l. Cutro, che ha depennato il supporto psicologico, i corsi di lingua italiana e l’orentamento territoriale.

Nel 2023, il sistema dei Cas ha continuato a rappresentare la principale forma di accoglienza in Italia. Secondo i dati del Ministero dell’Interno e delle Prefetture, i Cas hanno costituito il 68,32% dei posti disponibili nel sistema, con 6068 centri attivi in 1.764 comuni italiani e un totale di 100.241 migranti accolti. Questi numeri confermano come il modello emergenziale sia ormai divenuto, di fatto, la norma nel sistema di accoglienza italiano.

L’andamento del numero di Centri di Accoglienza Straordinaria (Cas) in Puglia segue la tendenza nazionale. Sebbene nel tempo si sia verificata una normalizzazione dell’emergenza con una prevalenza dei Cas rispetto ai Sai, negli ultimi anni si è osservata una riduzione complessiva di queste strutture. Tale fenomeno è dovuto sia alla diminuzione degli sbarchi, che ha portato a una contrazione del numero complessivo di centri di accoglienza, sia alle scelte politiche dei governi succedutisi, che hanno costantemente dichiarato l’intenzione di ridimensionare il ricorso ai centri straordinari gestiti dalle prefetture. Già con la direttiva dell’11 ottobre 2016, il Ministero dell’Interno stabiliva per i Cas presenti nei comuni aderenti alla rete Sprar una graduale riduzione, ove possibile, in favore delle strutture della rete stessa. Questo processo ha subito un rallentamento con l’entrata in vigore del d.l. 113/2018 (c.d. decreto Salvini) e, più recentemente, con lo scoppio della guerra in Ucraina e il d.l. 20/23 (cd. Cutro). Secondo i dati del 2023, nella regione risultano attivi 76 Cas, distribuiti in 27 comuni, che hanno ospitato 2.431 persone ospitate (fonte dati: Ministero dell’Interno, ActionAid/OpenPolis).

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