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I Centri di prima accoglienza (Cpa) sono centri nei quali vengono espletate le operazioni necessarie alla definizione della posizione giuridica della persona straniera richiedente asilo e nei quali i migranti sono ospitati nelle more dell’esito della procedura di richiesta di protezione internazionale. Precedentemente conosciuti come Cara (Centri di accoglienza per richiedenti asilo), devono la loro ridenominazione alle modifiche apportate dal decreto legislativo n. 142 del 2015 (cd. decreto accoglienza) con il quale l’ordinamento italiano ha recepito la direttiva europea 2013/33/CE.
La prima forma embrionale di questo tipo di centri è nata in seguito allo sbarco di oltre ventimila albanesi, avvenuto l’8 agosto 1991 al porto di Bari. Per far fronte a quella emergenza, il governo emanò un decreto legge poi convertito nella legge n. 563/1995, c.d. “Legge Puglia”, che prevedeva maggiori controlli e disponeva l’apertura “di tre centri dislocati lungo la frontiera marittima delle coste pugliesi per le esigenze di prima assistenza” a favore degli stranieri (art. 2). La finalità dichiarata di tali centri, chiamati indistintamente Centri di primo soccorso e accoglienza (Cpsa) o Centri di accoglienza (Cda), era di fornire un servizio di prima assistenza alle «persone prive di qualsiasi mezzo di sostentamento e in attesa di identificazione o espulsione». Questi centri non erano tuttavia inquadrati giuridicamente e nulla era disposto rispetto alla tipologia, ai tempi di trattenimento per l’espletamento delle attività, alle garanzie previste nelle more dell’identificazione, agli strumenti di opposizione. A partire da questo strumento, negli anni si sono susseguite una serie di modifiche legislative.
Una prima modifica si è avuta con la l. 189/2002 (cd. Bossi-Fini), la quale disponeva il trattenimento dei richiedenti asilo in appositi Centri di identificazione (Cid) pensati come luoghi chiusi, nei quali i richiedenti dovevano essere trattenuti. I Cid mutano poi la loro natura e diventano Centri di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) con il decreto n. 25/2008 in attuazione della direttiva europea 2005/ 85/CE (cd. direttiva procedure). Da centri di identificazione essi diventano così centri di accoglienza: il richiedente non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la sua domanda (art. 20) e le nuove strutture di accoglienza non sono più centri chiusi, ma diventano centri aperti dai quali è possibile allontanarsi durante il giorno e da cui è possibile scegliere di andare via.
Nel 2015 intervengono nuove modifiche con la direttiva europea sull’accoglienza n. 2013/33/CE, recepita nell’ordinamento italiano con d.lgs 142/2015. Il decreto ribadisce la natura aperta dei centri, dunque senza limitazione della libertà personale, ma è comunque prevista una forma di limitazione alla libertà di circolazione e soggiorno. I Cpa rispondono adesso primariamente alle esigenze di prima accoglienza e sono luoghi nei quali vengono eseguite le operazioni necessarie alla definizione della posizione giuridica dello straniero, il quale viene accolto per il tempo necessario all’espletamento delle operazioni di identificazione, verbalizzazione della domanda ed avvio della procedura di esame della domanda, nonché all’accertamento dello stato di salute.
In virtù della natura delle operazioni, è più facile che all’interno dei Cpa vengano direttamente accolte persone intercettate alla frontiera o soccorse in mare, che abbiano intenzione di richiedere asilo e che siano prive di mezzi. È meno probabile che l’ingresso al Cpa avvenga dopo che il migrante si sia recato spontaneamente in questura per presentare la sua domanda di asilo, non essendo obbligatoria l’accoglienza in un centro governativo.
Terminate le operazioni di identificazione e di verbalizzazione della domanda di asilo (svolte in un centro di prima accoglienza o in questura), il richiedente che non dispone di un reddito di importo almeno pari all’importo annuo dell’assegno sociale e che ne faccia richiesta, è teoricamente trasferito in una delle strutture di seconda accoglienza (centri Sai). In caso di temporanea indisponibilità nel sistema di accoglienza territoriale, il richiedente può restare nel Cpa o essere trasferito in un centro di accoglienza straordinaria (Cas). Lo straniero che abbia verbalizzato la domanda di asilo in questura senza essere stato ospitato in un centro governativo di prima accoglienza può essere accolto soltanto in un Cas.
Il funzionamento dei Cpa è regolato dalle prefetture, le quali per mezzo di bandi di gara assegnano a enti terzi la gestione dei centri. Nel 2021, il numero complessivo sul territorio nazionale è di 2.999 posti disponibili nei Cpa. Tuttavia, spesso i centri ospitano una quantità di persone ben superiore alla loro capienza dichiarata. In questi casi si determina un forte sovraffollamento, che peggiora le già precarie condizioni di vita all’interno di queste strutture. Secondo le fonti disponibili (Ministero dell’interno, ActionAid/OpenPolis), nel 2021 i posti erano così distribuiti:
Bari: 640
Brindisi: 70
Isola di Capo Rizzuto (CR): 641
Gradisca d’Isonzo (GO): 362
Udine: 300
Manfredonia (FG): 80
Caltanissetta: 456
Messina: 150
Treviso: 300
La Regione Puglia è stata la prima in Italia nella quale sono stati aperti i Centri di prima accoglienza. A partire dalla l. 563/95 (cd. legge Puglia), il Ministero degli Interni ha istituito tre centri lungo le frontiere marittime: uno a Borgo Mezzanone, in provincia di Foggia; uno a Bari Palese nei pressi dell’aeroporto (entrambi situati in aree di basi militari dismesse); da ultimo, il centro di prima accoglienza “Don Tonino Bello” di Otranto. Quest’ultimo è stato gestito sin dal 2003 dal Comune di Otranto e ha conservato il carattere di una struttura di primissima accoglienza, in cui i migranti sostano dalle 24 alle 72 ore per poi essere trasferiti in strutture di seconda accoglienza. I centri di Foggia e Bari sono stati trasformati in strutture di accoglienza (ex Cara) destinate ad ospitare i richiedenti asilo in attesa della definizione della loro domanda di protezione internazionale. Nel 2005 è stato aperto un nuovo Cpa a Brindisi, nello stesso fabbricato in cui già dal 1999 era stato attivato il centro di espulsione di Brindisi Restinco, destinato al trattenimento dei migranti irregolari in attesa di essere rimpatriati.
Secondo la relazione annuale del Ministero dell’Interno nel 2021, i Cpa attivi sul territorio pugliese sono tre. Uno è situato a Borgo Mezzanone, una frazione di Manfredonia in provincia di Foggia, e ha una capienza complessiva di 80 posti, con una media di presenze giornaliere di 43 persone. Nel maggio del 2021 la Regione Puglia ha però sottoscritto un protocollo con il presidente della provincia di Foggia, il capo del dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione del ministero e il prefetto di Foggia, nel quale si propone di realizzare a Borgo Mezzanone una foresteria per lavoratori stagionali, dove poter sviluppare azioni finalizzate all’integrazione sociale, all’inserimento nel mercato del lavoro regolare e alla promozione dei diritti umani e sociali.
Il secondo Cpa insiste sul territorio di Bari Palese ed è il secondo più grande d’Italia. Fino al 2019 esso ha avuto una capienza regolamentare di 744 posti, ma una capienza effettiva spesso ben superiore: alla fine del 2013 erano presenti oltre 2.300 persone (Passaggi di frontiera 2014, p. 38). La capienza teorica scende a 640 posti a partire dal 2020, a causa del deterioramento di alcuni moduli abitativi. Sin dal 2015, quando l’Unione europea ha cominciato a strutturare un piano organico di relocation, il Cpa di Bari Palese funziona come hub per il ricollocamento dei richiedenti asilo. Le presenze medie giornaliere del centro sono 548 e il costo medio per ospite è 8,87 euro. Dal 2008 al 10 giugno del 2021 il Cpa di Bari palese ha ospitato 41.867 persone (fonte dati: Prefettura di Bari).
Il terzo e ultimo Cpa presente in Puglia è quello di Brindisi Restinco: ha una capienza di 128 posti e una media di presenze giornaliere di 55 persone. Dal 2008 al 7 luglio 2021, il centro ha ospitato 6.936 persone (fonte dati: Prefettura di Brindisi).
In aggiunta a questi tre centri ufficiali, vi è il centro di Otranto, che continua a essere utilizzato, all’occorrenza, come centro di primissima accoglienza (Cpsa). È attivo fin dai primi anni ‘90, ma nel corso degli anni ha subito frequenti chiusure e riaperture per ammodernamenti e ristrutturazioni, di cui l’ultima nel 2015. Il centro di Otranto ha una capienza di 40 posti e a partire dal 2015 vi sono transitate 11.046 persone.