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Se la città guarda distrattamente al Cara di Palese

Di Giuseppe Campesi (Scienze Politiche, Università di Bari “Aldo Moro”) – RepubblicaBari 26/01/2024

Nella loro indignata interrogazione rivolta ai Ministri dell’interno e delle infrastrutture, gli onorevoli Damiani e Melchiorre hanno fermamente stigmatizzato le ripercussioni sulla regolarità della circolazione dei treni causate dalla “sistematica presenza di migranti ospitati nel centro di accoglienza richiedenti asilo di Bari, a ridosso della sede ferroviaria, che si incamminano seguendo lateralmente il percorso dei binari”, chiedendo ai Ministri interessati se ne fossero a conoscenza e quali misure intendessero prendere. La domanda appare retorica a chiunque abbia mai visitato un Centro di prima accoglienza per richiedenti
asilo (Cara), e quello di Bari Palese in particolare.

Forse è bene ricordare ai lettori che si parla di una delle strutture di accoglienza più grandi e longeve d’Europa che, sin dal 2008, ha ospitato oltre quarantacinquemila richiedenti asilo, andando nei periodi di maggiore afflusso di migranti via mare, come gli ultimi dodici mesi, oltre la sua capacità ricettiva ufficiale, fissata a 744. Il centro è circondato da alte barriere, sorvegliate da un sistema di videosorveglianza a circuito chiuso oltre che da un’aliquota, come si dice in gergo, di personale delle Forze armate prestata ad operazioni civili nell’ambito della missione “strade sicure”.

Tutti sanno che gli ospiti del centro utilizzano i varchi nella recinzione posteriore per entrare ed uscire, da sempre. Il problema è solo più visibile in questi ultimi mesi data la crescita nel numero di ospiti all’interno della struttura, dovuta anche alla contrazione del numero di strutture di accoglienza diffuse decisa dall’attuale governo. Non tutti forse sanno perché gli ospiti del centro lo facciano, esponendosi peraltro a notevoli pericoli, come le cronache degli ultimi anni ci ricordano. Di certo non hanno bisogno di scappare, dato che il Cara di Bari Palese è una struttura di accoglienza “aperta”, dalla quale gli ospiti sono liberi di uscire. Il problema è che il centro è ubicato all’interno di un vasto complesso dell’Aeronautica militare. In breve, per uscire dalla struttura gli ospiti devono attraversare gli oltre due km della vecchia pista dell’aeroporto militare per raggiungere l’uscita della base militare, dalla quale si ritroverebbero su viale Gabriele d’Annunzio. Ovviamente non è loro consentito circolare liberamente all’interno de complesso militare, ragion per cui l’Ente gestore e la Prefettura devono organizzare un servizio navetta che porti i migranti dall’ingresso del centro di accoglienza all’uscita della base militare. Inutile dire che il servizio navetta è assolutamente inadeguato a soddisfare le esigenze di mobilità di una popolazione ospite di oltre milleduecento
richiedenti asilo.

Gli Onorevoli Damiani e Melchiorre hanno perso una importante occasione per avere lumi sull’organizzazione di questo servizio e magari ottenere qualche miglioramento. C’è un altro aspetto che merita di essere segnalato, oltre la questione della segregazione spaziale. Da tempo infatti il Cara di Bari Palese funziona come una struttura ibrida, nel senso che esso è certamente una
struttura di accoglienza “ufficiale”, ma al contempo anche un insediamento abitativo “informale”.

Essenzialmente, sul Cara di Bari Palese si scarica una parte dell’emergenza abitativa che riguarda la popolazione migrante presente sul territorio dell’area metropolitana di Bari, in particolare quella che nei periodi di raccolta lavora nelle campagne del bitontino. Certo la situazione è più contenuta rispetto al caso di Foggia Borgo Mezzanone, ma la dinamica non è dissimile. Il groviglio di biciclette annodate lungo la recinzione del centro sul lato della ferrovia, il via vai alle prime ore dell’alba o nel pomeriggio, quando si torna dal lavoro in campagna, non hanno bisogno di uno sguardo etnografico particolarmente attento per essere decodificati. Il Cara di Bari Palese non è un “ghetto” come quelli del foggiano perché essendo collocato all’interno di una base militare, inghiotte e rende invisibile all’esterno l’umanità che vi trova riparo.

L’invisibilità del confinamento umanitario cui sono condannati i migranti viene spezzata solo di tanto in tanto, da qualche grave episodio di cronaca, o quando i numeri crescono e il diritto alla mobilità dei migranti entra in conflitto con quello dei pendolari. La città occasionalmente si accorge del Cara di Bari Palese, ma è come se continuasse a guardalo distrattamente, senza comprenderne fino in fondo la natura.

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